Siccome mi hanno accusato di inventare storie, solo per fare bella figura nel raccontarle, faccio la piccola premessa d’obbligo: la storia che racconto è vera al 100%. Se vi farà ridere, piangere, restare increduli o indifferenti, non è colpa né merito mio. E’ che “mi disegnano così”, mi capita una buona dose di episodi particolari e voi potete sempre leggere altro.
Dunque, che c’entra il cane con la zona di comfort tanto cara ai coach? C’entra, a modo suo. Qualche anno fa, presa da un inizio di rimestamento che ha portato, con ritmo via via crescente, ad un doppio trasloco dalla casa in cui ho vissuto per 19 anni, sentivo che qualcosa cominciava ad andarmi stretto: nella mia vita da solopreneur rischiavo di rinchiudermi nelle quattro mura, perdendo contatto con il mondo esterno, con l’ambiente e con le persone che lo abitano. Questo, se vuoi continuare a nutrire la tua creatività, la capacità di consigliare in materia di comunicazione, è peggio della peste bubbonica.
Il mio coach ha quattro zampe e una coda!
Il mio piccolissimo, e per questo ben raggiungibile (cari coach, visto come ho imparato bene?) obiettivo era dunque di instaurare una routine che mi portasse regolarmente fuori casa. Il che, nel mio povero immaginario, si è concretizzato in quattro zampe e una coda. Cosa c’è meglio di un cane per obbligarsi ad uscire da una casa senza giardino, almeno una (meglio due) volte al giorno? Già pregustavo una energica passeggiata, magari col tempo anche una corsetta, la mattina presto, incrociando solo i militari americani, carichi dei loro zaini da 40 chili, e non a caso ventenni palestrati (fa niente, tu cammina, intanto). Tornare a casa rinvigorita dalla temperatura frizzantina della mattina presto, doccia caffè e via, si comincia con la giornata al pc, con l’ossigeno nel sangue a farlo correre più veloce (almeno lui).
Questo sogno ad occhi aperti, che includeva anche una taglia in meno, da parte mia, dopo tanto camminare a passo svelto, doveva confrontarsi con il verdetto, impensabile da dribblare, del veterinario più competente e severo del mondo: mia sorella Sarah. Lei, va detto, è davvero eccezionale nell’abbinamento umano-pet. Se aveste mai dei dubbi in materia, chiedete a lei. Anzi, se per sbaglio i dubbi non vi sono ancora venuti, significa che siete un caso estremo. Chiedete a lei.
Il suo acume si abbina al piglio del chirurgo che chiama le cose col loro nome, senza fronzoli o sinonimi che possano addolcire la cruda realtà, decretando la soluzione migliore, senza mezze misure. Se si taglia, si taglia, e si taglia qui. Ora.
Un cane, tu?
Dunque, titubante e timorosa, ma decisa ad andare fino in fondo, stavo per confessare a Sarah il desiderio di prendere un cane. Mi aspettavo un: “Tuu? Ma se non esci di casa, e non hai nemmeno il giardino! Dove vai con un cane, sul divano?” o qualcosa di simile. Invece non ho fatto a tempo a pronunciare la parola “cane” che lei mi interrompe con un “Ce l’ho io il cane perfetto per te”.