Io vivo qui. Ti racconto la mia montagna

Annabaldo

L’abbiamo chiamato “Progetto fotografico”, ma io preferisco pensarlo come un gioco. Forse pecco di egocentrismo, a pensare che tutti siano “gialli”* e che basti invitarli a giocare per risvegliare in loro la voglia di partecipare. O forse, diciamo, vogliamo proprio fare leva sul lato giocoso dei social, e pazienza per chi non si sentirà attratto dalla proposta.

Ascoltiamo la voce di chi vive in montagna

Si chiama “Io vivo qui” e vuole mostrare la montagna* dal punto di vista di chi ci vive. Non solo, o non in quanto, destinazione turistica, ma come contesto sociale, naturale, economico in cui abitare, crescere, trovare opportunità di lavoro e di auto-realizzazione. Ad ogni età. Per chi ci è nato e per nuovi residenti. È questo l’obiettivo di GAL Montagna Vicentina, per mandato della UE, che intende prendersi cura in modo specifico di aree che sono definite come svantaggiate, mettendo in atto strumenti di perequazione (vedi alla voce “fondi”) per contrastare lo spopolamento di queste terre, in tutta Europa. Ce ne sono diversi, di strumenti, tanto da richiedere professionalità specializzate per districare il fitto intreccio di burocrazia che li protegge, sono molto funzionali, ed è quindi compito delle strutture, come GAL ma non solo, rendere comprensibili logiche e meccanismi di accesso a queste opportunità.

Luoghi speciali, segreti, significativi, che fanno parte del vissuto del residente.

Come funziona “Io vivo qui”? Si tratta di raccontare il luogo in cui si vive e lavora, per immagini (che poi sono storie), condividendole sui propri profili social*, naturalmente coinvolgendo in prima battuta proprio il GAL, con un Like e un tag.
In questa prima fase vuol far emergere quei luoghi speciali, segreti, significativi, che fanno parte del vissuto del residente. Elemento imprescindibile sono gli hashtag, che consentono la raccolta delle foto attorno ad un tema. In questo caso sono #montagnavicentina #iovivoqui #luogosegreto.

Mi trovo al mio secondo gioco sui social, dopo l’amatissimo #spieallopera. Come allora, anche stavolta la ricetta nasce da alcuni ingredienti, pensati e mixati ad arte:

  1. Semplicità: un gioco è bello se si capisce subito come funziona.
    Anche il gioco a carte Machiavelli, che è cervellotico, ha regole semplicissime, essenziali.
    Qui si tratta di fotografare, taggare, condividere, usare gli hashtag giusti. Lo facciamo già tutti, più o meno accuratamente.
  1. Rovesciare i termini: montagna come luogo di residenza, non meta di turismo.
    Il racconto che si vuole sentire sarà riferito a qualcosa di personale, di nicchia o anche meno, ma sarà prezioso per farci entrare in quel mondo, cui solo il residente appartiene veramente. Naturalmente, se non siete residenti ma avete un luogo speciale da svelare in uno dei Comuni di riferimento (vedi l’elenco al link riportato in fondo), siete i benvenuti a questo gioco.
  1. Ridefinire il “partecipante perfetto”. Come sempre, non si parla a tutti. Qui diamo centralità al residente delle aree rurali. Non a tutti: solo a quelli che vorranno raccontarci la loro montagna, come luogo del cuore.
  1. Ridefinire “influencer”. È una parola che a molti, anche a me, fa venire l’orticaria, di default. Perché siamo abituati ad esiti infausti di questa che è diventata una professione, o una definizione di sé, per persone che sono spesso davvero poco stimabili, sotto diversi punti di vista. In primis per la genuinità, che perdono quasi subito. Successivamente, perché di fatto paiono essere lì per scoprire l’acqua calda e rivendertela come invenzione del secolo, fatta da loro. I nostri partecipanti, invece, non hanno nulla a che vedere con questo, sono persone reali e vere, ci faranno scoprire luoghi segreti e sconosciuti, e non sposteranno le opinioni delle masse (commerciali), cosa che a noi va benissimo. Però saranno voci autorevoli, che volentieri ascolteremo.

Perché mi piace “Io vivo qui”

  1. Qui non si vince niente. Si fa per il gusto di mostrare al mondo qualcosa di bello, che conosciamo o, meglio, che amiamo.
  1. Dà un senso ai social, che servono a mettere in relazione. Anche, un po’, a rendere protagoniste le persone “normali”, cioè ciascuno di noi. Possibilmente con garbo, con misura. I social non sono nati per vantarsi, per millantare vite sopra le righe, falsissime e fastidiose, non per sfogare problemi personali quali iperattività, FOMO, autoreferenzialità. Conosco qualcosa di interessante, e ve lo dico. Fine. Per il gusto di farvelo sapere. Un po’ di gloria, in caso, arriva comunque, grazie ai social media manager di GAL Montagna Vicentina.
  1. Stimola il pensiero positivo e il senso di gratitudine (informarsi, prego, sul valore di queste due cose): nel raccontare agli altri, ricordo a me stesso quanto sono fortunato/a a vivere qui. E indico anche ad altri che si può fare un po’ di reframing e usare termini (in parole o immagini) migliori per avere un’altra visione del proprio mondo.
  2. Perché l’ho ideato io (se non lo dicevo mi restava in gola). Naturalmente, non ho fatto tutto da sola. In una sessione creativa, una delle cose che più di tutte amo fare, ho lanciato il sasso nello stagno e sono tornate indietro molte onde, fino ad arrivare a questa forma, grazie alla partecipazione di Irene Gasparella e Michela Ceola.

 

NOTA 1* – Uso spesso i colori, e parlo della mia “giallitudine”, riferendomi al libro “I quattro colori della personalità” di Lucia Giovannini e Nicola Riva. Come dicono loro, quando devi aggiungere al tuo team creatività o pensiero laterale, metti una punta di giallo.

NOTA 2*- Montagna. In realtà ci riferiamo all’ambito territoriale designato per il GAL (che si chiama Montagna Vicentina). Si tratta di ben 39 comuni contermini del Vicentino, alcuni sono in montagna, altri in collina. Sono tutti ad alto tasso di ruralità. Trovate l’elenco qui https://www.montagnavicentina.com/chi-siamo/territorio/. Potreste scoprire di abitare nell’area interessata, e di essere a pieno diritto invitati a giocare.

NOTA 3* – GAL Montagna Vicentina ha attivi i social Facebook e Instagram. Preghiamo i non-boomer di suonare il campanello giusto, e rivolgersi a quelli (non cercateci su Tik Tok o altre diavolerie). Per gli altri utenti non ci sono problemi, sono già in target 🙂