Sono stata alla mostra “I creatori dell’Egitto eterno. Scribi, artigiani e operai al servizio del faraone”. E’ in Basilica Palladiana a Vicenza fino al 7 maggio 2023.
Come sempre, trattandosi di RnR, dopo lo slancio iniziale del “Bello, ora ne scrivo”, l’entusiasmo pare scemare di colpo, perché, non trattandosi di vere recensioni che mi obbligherebbero ad un qualche rispetto formale, comincio ad interrogarmi, senza soddisfazione, su come rendere la mia presentazione alternativa, su come invogliare altri a visitare la mostra in questione, fino a chiedermi se mai a qualcuno serva tale incoraggiamento, e da parte mia, per giunta.
Poi mi capita di leggere un post su Fb in cui si chiede: “Vale la pena?” E allora, mi dico, ecco che il senso di una RnR c’è.
Primo: vale sempre la pena. Fosse anche la classica mostra-marketing, qualcosa da dire l’avrà, qualcosa di nuovo per me che entro, ci sarà. Il tempo dedicato a conoscere, scoprire, ammirare il bello, o anche semplicemente a fare qualcosa di insolito, come igiene mentale, ginnastica contro il decadimento cognitivo, sarà tempo ben speso. Si potrebbe fare anche il ragionamento in senso opposto: nel tempo che si risparmia a non vedere una mostra di poco valore, che cosa si sarebbe potuto fare? Mettere su una lavatrice?
[A proposito, ne ho una da stendere. Torno tra poco.]
Secondo: le mostre sono un libro che si racconta da sé. Al contrario di quello che si potrebbe pensare, non sono fatte per studiosi ed eruditi, sono fatte per i pigri (come me) che dovrebbero apprezzare che qualcuno scelga, organizzi e racconti qualcosa per loro. Il visitatore può persino così permettersi di assumere un atteggiamento quasi passivo; basta un minimo di apertura, di disponibilità ad un’osmosi che avviene tra chi sa molto e chi sa meno, per arrivare ad un punto di incontro. Il paragone regge solo in parte, perché la conoscenza non è una torta finita, ma così, al volo mi è venuta l’immagine di qualcosa che si lascia permeare, come una carta assorbente (anche se l’inchiostro, in questo caso, dall’altra parte mica finisce).
Terzo: casca a fagiolo, la cosa della mostra che si racconta da sé, perché la mostra sull’antico Egitto si può (diciamo pure che si dovrebbe) visitare accompagnati da un’audio guida d’eccezione, realizzata niente meno che dal curatore* della mostra, che altri non è che (appena) il direttore del Museo Egizio di Torino. Il quale, a sua volta, altro non è che (appena) il secondo museo egizio al mondo. Così, tanto per dire di cosa stiamo parlando. Christian Greco (a rischio di sembrare una oltremodo attempata groupie, dirò che potrebbe entrare in una mia personale triade laico-cultural-pop assieme ad Alessandro Barbero e Alberto Angela) illustra passo passo i reperti in mostra, ne svela i retroscena, i dettagli, il contesto in cui collocarli per coglierne appieno il senso e il valore. Lo fa in modo piacevolissimo e assolutamente comprensibile, anche se a tratti gli scappa di parlare in egiziano antico (che pure ha il suo fascino), tanto che questi egizi smettono di essere figurine piatte, sempre di profilo e con le braccia piegate a rovescio, e diventano persone vere, di cui scopriamo la cultura, uno straordinario senso dell’aldilà, intrinsecamente legato all’aldiquà in un modo che ci pare modernissimo. La sensazione che ci accompagna, camminando tra sarcofagi, plastici da far impallidire Bruno Vespa e reperti, è sempre più quella che l’uomo di oggi non ha inventato niente, o pochissimo.
Ultimo, ma non meno importante: “Creatori dell’antico Egitto” non significa, come ho sentito criticare, che a Vicenza funziona solo una sottocultura del fare, unico interesse di una società meccanica, fatta di artigiani, fabbriche e profitto, come rischia di ridursi la nostra. La mostra mette in luce il valore degli scribi funebri perché nella società egizia rappresentavano una fetta importante del mondo (calcolato in un 30% di PIL, questo sì per far capire a noi l’importanza che la morte, con i suoi riti, aveva per loro). Per buona parte della visita ci si immerge nel senso della vita ultraterrena, nel rapporto degli uomini con le divinità, e nei riflessi che questo aveva per la società che oltre tremila anni fa ha saputo creare una cultura ricchissima e raffinata, eppure aperta al diverso che arrivava dai popoli confinanti.
Una cultura a cui i secoli successivi, e noi tutti, dobbiamo molto, così come dobbiamo molto a chi la studia, in modo sempre più accurato, rendendocela disponibile e quasi familiare.
L’ultima sala del percorso termina proprio con una dimostrazione di come la tecnologia consente di analizzare in modo nuovo i reperti, che ci riserveranno scoperte non solo affascinanti ma piene di senso per la nostra vita.
NOTE
*La mostra è curata dal Museo Egizio: sotto il coordinamento del direttore Christian Greco hanno lavorato Corinna Rossi, i curatori Cédric Gobeil e Paolo Marini con la collaborazione del team curatoriale.
Per info https://www.mostreinbasilica.it/it/egitto
Non fate come me: prima di prendere il biglietto (comodissimo anche online) cercate le varie promozioni che si aggirano in rete e non solo. Ad esempio, il biglietto è ridotto per i clienti di Banca Intesa e Feltrinelli, e su Fb Marsilio Arte, editore del catalogo, rilasciava un coupon (vale la pena fare una ricerca).
Qui tutte le convenzioni: https://www.mostreinbasilica.it/it/info/categorie-convenzionate